Sono stata a Londra almeno 6-7 volte negli ultimi due anni per lavoro: una mansione che molti mi invidiano, quella travel blogger per un grande portale di settore.
Non posso svelarvi qual è perché vi lavoro con un nome d’arte e non andare in conflitto di interessi con l’agenzia di viaggi di cui sono la titolare insieme al mio compagno, ma tant’é.
Andiamo a Londra: città multiculturale, multirazziale, multieconomica. Qui la crisi vuol dire trovare lavoro in un mese anziché in due settimane. Si, ovviamente ci sono delle agitazioni, la sterlina non è una moneta facile da comprare ma, si dice, che persino l’ultimo degli inglesi chieda a Dio di ringraziare la Regina per averli tenuti fuori dalla burrasca-euro.
Ad ogni modo, archiviamo i classici giri turistici (Big Ben e compagnia) e scegliamo da vivere una Londra più vera, da pub di East End piuttosto che della modaiola Picadilly.
Una Londra che fin da subito ti fa sentire Milano un paesello di provincia: non tanto per i servizi impeccabili, i 14 milioni di abitanti e gli eventi che fanno impallidire qualsiasi Expo.
Quanto per la ricchezza di una città che si merita ampiamente la nome di Capitale d’Europa e che guarda a questa consacrazione con le Olimpiadi.
Il caso della sicurezza privata, in Italia, farebbe sorridere: a Londra hanno imbastito un processo serio, dove l’imputato ha chiesto scusa e non ha minacciato ricorsi in appello.
E’ questa la forza della City: la sua multiculturale dignità.
E lo spirito smart ma sembre british: la London Experience, per esempio: uno spazio dove conversare, bere drink in compagnia (e non sbavando) a hostess simpatiche e spiritose. Altro che la carne da macello dei motor show.
Londra, aspettami, tornerò.